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Quel giorno che è morta Lady Diana

Non dimenticherò mai quel giorno. E penso che tanti, come me, lo ricordino bene, perché è stato un giorno che appartiene alla memoria collettiva.

Era una domenica mattina di fine estate, mancava ormai poco alla ripresa della scuola e le giornate scorrevano lente e pigre.

Mia madre si era svegliata all’alba ed era già tutta affaccendata. A farle compagnia, il sottofondo della TV. Tutto come al solito.

Mi ero alzata anche io di buonora e l’avevo incrociata in corridoio. Senza dirmi neanche buongiorno, mi blocca prima che raggiunga la cucina: “Rossella, ti devo dare una brutta notizia”.

Lo conoscevo già quello sguardo serio: sapevo che era davvero successo qualcosa di brutto.

“Che è successo?”

“La principessa Diana ha avuto un incidente”.

Ma io, sempre troppo ottimista: “Eh, ma sta bene, no?”

Mia madre ha girato la testa verso il televisore in cucina, lasciando che il resto me lo raccontasse il telegiornale: quel maledetto ponte dell’Alma, i primi fiori davanti a Kensington Palace, le lacrime dei londinesi in strada…

Raggiungo la cucina e mi lascio affondare nel divanetto davanti alla TV. Per quel giorno non ho più parlato.

Piena di sgomento e senso di impotenza, come davanti ai titoli di coda di un film finito male, non ho pianto subito. Non in quelle prime ore, almeno.

Eppure da quel giorno, ogni volta che guardo le sue foto o parlo di lei, mi si riempiono gli occhi di lacrime. La morte di Lady Diana l’ho vissuta con il dolore della perdita di una persona cara, e con la rabbia di un’ingiustizia di questo mondo.

 

Da bambina ero innamorata di Lady Diana: Instagram era di là da venire, ma seguivo con passione tutto ciò che la riguardava, ritagliando i giornali di mia madre.

Quel suo sguardo dal basso, con la testa un po’ inclinata, tra il timido e il vagamente malizioso, ancora mi fa battere il cuore.

Spesso penso a lei e mi chiedo: che splendida cinquantenne sarebbe oggi Diana? Chissà come porterebbe i capelli? Quale stilista la vestirebbe? Per quale causa si batterebbe?

Già prima di quel 31 agosto del 1997 avevo deciso che, se un giorno avessi avuto una figlia, l’avrei chiamata Diana.

A chi mi diceva che quello è un nome triste, rispondevo che no, Diana non era una donna triste. Era stata la principessa triste, certo, ma aveva avuto la forza di reagire, fino a diventare una vera potenza. Per questo doveva morire.

 

Qualche anno dopo ho visitato il museo di Madame Tussauds a Las Vegas e, tra le statue di cera di attori e pop star, mi sono trovata di fronte la “riproduzione” di Lady Diana.

Sono rimasta immobile a contemplarla per diversi minuti, cercando di memorizzare più dettagli possibile di quella figura bellissima… Un turista, forse intuendo le mie emozioni, mi ha chiesto garbatamente: “Can I take you a picture?

No, non la volevo una foto con lei: per me non era un oggetto da esposizione. Maledette foto.

Sono rimasta ancora un po’ in contemplazione e poi l’ho salutata con una carezza, soffermandomi qualche secondo con la mano sul quel viso che mi era sembrato incredibilmente piccolo. E bello, da vicino più che nelle foto.

 

Quella donna alta e sportiva, dal portamento regale e l’animo così umano, continua ad affascinarmi profondamente. È lei l’ultima vera icona di stile del Novecento: nessuno può reggere il confronto.

Spero che anche le nuove generazioni non la dimentichino.

Io di certo la porterò sempre nel mio cuore e voglio ricordarla soprattutto come uno spirito libero, come lei stessa amava definirsi:

“Mi piace essere uno spirito libero. A molti questo non piace, ma questo è ciò che sono.”

Rossella Migliaccio
Consulente di Immagine

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Dopo una certa età…

Postato il Dicembre 12, 2017

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2 Commenti

  1. Emanuela
    6 anni ago

    Non sono d’accordo sullo spirito libero… era una donna prigioniera di se stessa e di un errore di gioventù che probabilmente non aveva commesso in piena responsabilità ma era stata obbligata a commettere… sposare un uomo senza esserne innamorata e senza che lui lo fosse… solo per il fatto di diventare principessa… più schiava di così si muore!
    Noi siamo re e regine solo quando siamo capaci di vivere la nostra vita come più ci piace, quando riusciamo a coltivare e ad esprimere la nostra essenza profonda, senza scendere a compromessi… tutto questo comporta una fatica grande, per alcuni immensa… quasi mai questo ‘lavoro’ va a braccetto con la comodità e l’assenza di responsabilità… Anche io mi ricordo quel giorno e sebbene abbia provato dispiacere come per qualunque altra persona deceduta, soprattutto a quell’età, con due figli piccoli, mi sono sempre domandata come facesse a scorrazzare in giro per il mondo su yacht di lusso, in hotel da mille e una notte, con abiti inaccessibili alla maggior parte dei viventi sul pianeta, ed essere sempre così depressa, arrabbiata, incasinata e soprattutto così lontana dai suoi bambini… Non mi si prenda per bigotta o moralista… io stessa ho avuto la chance di vivere una vita quasi da principessa per certi versi, ma non mi sono mai dimenticata di ringraziare chi me lo permetteva, in primis me stessa, di avere un sorriso di gratitudine e di riconoscenza verso la vita e quando ho avuto un figlio il mio primo pensiero è stato sempre e solo lui, non la festa del fine settimana alle Seychelles…
    Diana non è morta perché era troppo grande, brava, eccezionale… è morta perché dei cretini avvoltoi hanno contribuito a far accadere un incidente mortale, insieme ad un altro cretino autista, pace all’anima sua, che si permetteva di guidare un’auto con a bordo altre persone oltre a sé stesso ad una velocità folle, dall’esito mortale, appunto…
    Non è poetica la sua morte, è il risultato di una mancanza di responsabilità, professionalità, e al contrario una presenza di avidità, di sete di soldi a qualunque costo, anche quello di mettere in pericolo la vita di una persona che non ha saputo in quel momento urlare all’autista ‘fermati, io scendo’ e ai giornalisti ‘ecco, si, sono qui, con Al Fayed, e ieri ero con un altro, ma sono solo fatti miei, e allora???’
    No, non era libera, era proprio la trentenne meno libera che io abbia mai conosciuto…

    Reply
    1. Rossella Migliaccio
      6 anni ago

      Penso che sia tutto molto complicato e che ci siano tante cose che non sappiamo e non sapremo mai.
      Io sono di parte perché l’ho sempre amata, ma in generale non mi sentirei di giudicare le sue scelte di donna in nessun caso.
      Rispetto la tua opinione, anche se ovviamente non la condivido, e ti ringrazio comunque del tuo contributo.
      Rossella

      Reply

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